- Maggio 22, 2017
- Di Gaia Marsiaj
- News
Negli articoli pubblicati sul nostro sito abbiamo iniziato a parlare di rischio sismico ossia la combinazione di 3 fattori in un dato sito: pericolosità, valore esposto e vulnerabilità e, in particolare, abbiamo precedentemente introdotto con due articoli distinti il concetto di vulnerabilità e di pericolosità.
Il rischio quindi è traducibile nella formula: R = P x V x E
P = Pericolosità: la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo, in una data area.
V = Vulnerabilità: la vulnerabilità di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità.
E = Esposizione o Valore esposto: è il numero di unità (o “valore”) di ognuno degli elementi a rischio presenti in una data area, come le vite umane o gli insediamenti.
In questo articolo tratteremo l’ultimo degli aspetti legati al rischio sismico ossia il valore esposto.
SIGNIFICATO:
Il valore dell’esposto è inteso come il bene, le persone e le cose che possono andare perduti nel caso in cui un evento distruttivo si verifichi. Le misure di prevenzione introdotte sui due primi parametri della formula del rischio agiscono di conseguenza su questo fattore. Inoltre la conoscenza sempre più divulgata del rischio alla popolazione agisce direttamente sul parametro E, costituendo, di fatto, una misura di prevenzione del rischio sismico.
SITUAZIONE ITALIANA:
L’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l’intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, determinando un impatto sociale ed economico rilevante. La sismicità della Penisola italiana è legata alla sua particolare posizione geografica: infatti è situata nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica ed è sottoposta a forti spinte compressive.
In 2500 anni, l’Italia è stata interessata da più di 30.000 terremoti e da circa 560 eventi sismici di intensità uguale o superiore all’VIII grado della scala Mercalli (in media uno ogni 4 anni e mezzo). Solo nel XX secolo, ben 7 terremoti hanno avuto una magnitudo uguale o superiore a 6.5. La sismicità più elevata si concentra nella parte centro-meridionale della penisola, lungo la dorsale appenninica, in Calabria e Sicilia, ed in alcune aree settentrionali, tra le quali il Friuli, parte del Veneto e la Liguria occidentale.
I terremoti che hanno colpito la Penisola hanno causato danni economici consistenti, valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro, che sono stati impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico sul patrimonio storico, artistico, monumentale.
In Italia, il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l’energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello che si verifica normalmente in altri Paesi ad elevata sismicità, quali la California o il Giappone. Ad esempio, il terremoto del 1997 in Umbria e nelle Marche ha prodotto danni confrontabili con quello della California malgrado fosse caratterizzato da un’energia circa 30 volte inferiore. Ciò è dovuto principalmente all’elevata densità abitativa e alla notevole fragilità del nostro patrimonio edilizio.
Altro aspetto rilevante dell’esposizione è, infatti la presenza in Italia di un patrimonio culturale inestimabile, costituito dall’edificato corrente dei nostri centri storici, che ancora sfugge ad una quantificazione sistematica di consistenza e qualità.
Il primo passo per la prevenzione e mitigazione del rischio sismico del patrimonio storico architettonico è, ovviamente, la conoscenza dei beni esposti. In base a quanto indicato nel sito della protezione Civile è stato, avviato in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali – MiBAC un censimento a scala nazionale dei centri storici esposti al rischio e lo sviluppo di un metodo di indagine conoscitiva sulla vulnerabilità dell’edificato storico, attraverso messa a punto di un apposito strumento web “Centri Storici e Rischio Sismico – Csrs” di rilievo, da condividere con tutte le istituzioni competenti sul territorio.
UN ESEMPIO DA SEGUIRE:
Il Giappone, uno dei Paesi più esposti al rischio sismico, è davvero un esempio da seguire. Grazie a un mix di misure di prevenzione e di contenimento dei danni, riesce a limitare in modo notevole perdite umane e distruzioni. Anche in occasione di terremoti gravissimi, come quelli di Kobe del 1995 o quello del Tohoku del 2011.
Imitarle non è facilissimo però. In Italia si cerca di preservare gli edifici storici e le città antiche, in Giappone, invece, si preferisce buttar giù e ricostruire. Utilizzando, ovviamente, tutte le più moderne e aggiornate tecnologie antisismiche. Secondo, i governi laggiù spendono per ricostruzione, prevenzione e retrofitting antisismico risorse ingentissime, da noi impensabili. Infine, la popolazione giapponese è preparata agli eventi sismici, e disposta a rispettare le regole mirate a ridurre i rischi e i danni.